La Fiera di San Nicola è l’unica sopravvissuta di varie fiere che si svolsero a Pesaro nei secoli passati in diversi periodi dell’anno, legate ad antiche consuetudini e tradizioni, di cui si è perduta ogni memoria ma di cui è rimasta ancora documentazione inedita tra manoscritti e carte d’archivio.

In coincidenza delle feste religiose in onore dei santi protettori della città, Pesaro ospitava nel corso dell’anno varie fiere, ricorrente motivo di aggregazione e meccanismo di scambio fra città e contado, con affluenza di mercanti da altre parti d’Italia ed anche stranieri: la fiera di Santa Mustiola (3 luglio), di San Gaetano (7 agosto), della Madonna di agosto (15 agosto), di San Nicola (10 settembre) e di San Terenzio (24 settembre).

I mercanti “forestieri” che frequentavano le fiere di Pesaro provenivano per la maggior parte dalle città del Nord Italia (Milano, Brescia, Bergamo, Crema, Cremona, Verona, Venezia, Bologna), ma anche dall’estero, specialmente Fiamminghi, Tedeschi, Dalmati, Levantini, Orientali ed Ebrei.

Le antiche fiere del tempo dei Malatesta, degli Sforza e dei Della Rovere si svolgevano nelle piazze centrali della città adatte a contenere l’affluenza di mercanti, di merci e di folla: la piazza Grande (attuale piazza del Popolo), il Trebbio di Sant’Antonio (piazza Lazzarini) e piazza Padella (via Beata Michelina Metelli, in fondo al corso XI Settembre, penultima prima della pescheria).

Particolare della pianta prospettica del Blaeu, 1663

Particolare della pianta prospettica del Blaeu, 1663

 

Nel 1615, allorché la costruzione del nuovo porto di Pesaro incrementò il commercio e la pesca, il duca Francesco Maria II Della Rovere emanò un pubblico bando per riprendere e sviluppare la fiera di marzo, che era solita farsi fin dal 1513, fissandone la durata dal 15 marzo al 30 aprile. La fiera si snodava lungo la strada detta allora “Piazzetta” per tutta la parte terminale dell’attuale corso XI Settembre, ancora oggi denominata “borgo”.

La scelta della strada di “Piazzetta”, cosiddetta per la maggiore ampiezza rispetto alle altre vie del centro cittadino, era stata determinata, oltre che dalla centralità, proprio dalla larghezza e comodità delle strada, nonché dalla concentrazione in essa di ben 46 botteghe da poter affittare ai mercanti convenuti per la fiera.

“Piazzetta” continuò ad essere chiamata fino agli inizi del Novecento quella parte di via dei fondachi o dei mercanti (attuale corso XI Settembre) che, calcolando come punto di provenienza piazza del Popolo, si allargava progressivamente dopo la direttrice costituita dalle vie Mazza e Castelfidardo, raggiungendo la massima apertura all’altezza della chiesa di Sant’Agostino.

Veduta della

Veduta della “Piazzetta”, la via dei Fondachi o dei Mercanti o delle Fiere (attuale Corso XI Settembre)
Scendeva dalla Piazza Maggiore (attuale Piazza del Popolo) ed era denominata così perchè gremita di botteghe sui due lati, con ogni sorta di mercanzie
(disegno a penna seicentesco, oggi irreperibile, pubblicato in G. Vaccaj, Pesaro 1909)

 

Come già era avvenuto per le fiere del Quattrocento e del Cinquecento, anche in quelle seicentesche l’ordine pubblico e la sicurezza erano garantiti da un “capitano della fiera” al comando di un gruppo di guardie cui spettavano le ronde di notte nei quattro quartieri in cui era suddivisa la città. Per indicare l’apertura e la chiusura giornaliera della fiera, ogni mattina “a buonissim’hora” e la sera dopo le ventidue, il tamburo faceva “una passeggiata suonando per quanto si estende la strada della fiera”.

Delle varie fiere che si svolgevano a Pesaro nei secoli passati è rimasta solo l’”antichissima e rinomata” fiera di San Nicola, cosiddetta perché inizia il 10 settembre, giorno onomastico del santo di cui porta il nome, e che dura attualmente tre giorni, mentre in passato si protraeva dall’uno al quindici dello stesso mese.

Sorta in origine come fiera di merci e bestiame, era collegata al culto di San Nicola da Tolentino, che a Pesaro risaliva al 1258, quando il neo sacerdote agostiniano fu inviato nel monastero dei padri eremitani agostiniani, situato sulla collina di Valmanente nelle immediate vicinanze della città e successivamente intitolato al santo (oggi adibito a centro religioso e culturale).

Originariamente larga parte avevano in essa anche i prodotti dell’agricoltura, tra cui primeggiavano per quantità e varietà agli e cipolle, cui era riservato un posto privilegiato in piazza Maggiore (oggi piazza del Popolo): rimaste nei secoli il caratteristico segno distintivo della fiera e della sua raffigurazione nell’iconografia popolare, hanno denominato la fiera stessa, detta fino alla prima metà del Novecento “fiera delle cipolle”.

Nella sua storia secolare frequenti sono state sospensioni, restrizioni e ritardi dovuti a pestilenze ed epidemie coleriche che hanno colpito in passato la città ma, pur tra alterne vicende, la fiera di San Nicola è rimasta l’unica ad aver vinto la sfida col tempo, scandendo i ritmi stagionali e segnando la fine della stagione estiva, ancora oggi come fino all’inizio del secondo dopoguerra, quando lo stabilimento balneare e la piattaforma sul mare venivano chiusi con l’inizio della fiera e la città, svuotatasi dei “bagnanti” e dei mercanti di fiera, riprendeva il sonnacchioso aspetto invernale, in attesa della prossima “stagione”.

Unica sopravissuta, continua ancora a perpetuare l’antichissima tradizione delle fiere pesaresi, testimoniando la persistenza degli antichi miti della memoria popolare e dei consueti rituali dell’identità cittadina, che il progresso e il lavorio dei secoli non hanno ancora cancellato.